L'ho trovato bellissimo e lo voglio condividere con voi...
Il cammino di Anita
Nell’animo
di Anita alberga un sentimento di indefinita nostalgia.
Nostalgia
di un’esistenza libera dagli schemi, dalle convenzioni e dalle leggi del mondo;
legata solamente all’immensità, del cielo sopra la testa e della terra sotto i
piedi.
Nostalgia
di un’esistenza lontana, sfuocata, quasi completamente dimenticata, della quale
tuttavia, ogni tanto, Anita sente il richiamo.
Quando
il richiamo è più forte perché la nostalgia si fa più intensa, Anita cammina.
Perché quando cammina, in qualche modo, ritrova e assapora quell’esistenza
perduta.
Anita
è capace di camminare per ore, senza provare stanchezza, anzi. Le gambe vanno
avanti da sole, un passo dopo l’altro, leggere, nessun dolore muscolare. I
piedi affondano comodi dentro il morbido degli scarponi, pantofole. Quante
strade hanno fatto quegli scarponi! Anita spera che non si consumino mai, che
durino per sempre: i suoi compagni di tante avventure.
Ritmo
regolare, in sincronia con il respiro, un passo dopo l’altro. Ad ogni passo una
scoperta, lenta, inaspettata, sorprendente:
un filo d’erba sfiorato, un prato - mi ci tuffo, dice Anita; un
sassolino dalla forma particolare, liscio, rosa - lo vedo perché l’ho
calpestato e ora che l’ho visto me lo prendo … per ricordo - finirà nel barattolo
di vetro dei sassolini; un profumo di salsedine, una spiaggia - mi ci rotolo;
il verso di un corvo, il riverbero della luce sulla neve, ogni cristallo un
piccolo arcobaleno - lo bevo; un falò, il suono di una chitarra, una storia di
vita o semplicemente silenzio, condiviso dentro un sorriso sincero.
Avanti
un metro, poi due, poi cinquecento, poi mille e poi di più, sempre più in là.
Il
sentiero diventa strada, la campagna si trasforma in città, i palazzi si
sollevano, Anita ci cammina in mezzo, e poi di nuovo si abbassano e la strada
ridiventa sentiero. Sentiero largo, sentiero stretto, impervia salita, ripida
discesa, pianura …
Meta
è tutto ciò che Anita raggiunge: i colori di un panorama, le luci di
un’architettura, la grandiosità di una vetta, l’immensità sulla riva del mare,
i rumori intorno a un grattacielo, i profumi e i sapori di un borgo, di un bosco.
Ad
ogni meta raggiunta Anita si ferma. Respiri profondi per gustarla, occhi che
fotografano per non dimenticarla: la abbraccia con lo sguardo, la tocca, la
inspira, e poi la sorpassa, già curiosa, verso un’altra.
Anita
cammina ed entra in simbiosi con ciò che la circonda e fonde corpo e anima con
il Tutto.
Ed
eccola, per un momento, quell’esistenza perduta. L’istante di consapevolezza
dell’Uno, nel quale la nostalgia si trasforma in gratitudine.
La primavera di Chicca Corona